Da “Scuola cattolica” a “Scuola della comunità” tra giudizi e pregiudizi

Non c'è dialogo e alleanza tra scuole cattoliche e parrocchie o vicariati. Ci sono alcuni muri nelle comunità cristiane che meriterebbe abbattere: muri di pregiudizio e diffidenza reciproca.
Eppure le scuole cattoliche dell'infanzia in diocesi sono almeno 250, interessano più di 20.000 bambini, ossia almeno 10-20 mila famiglie, più l' “indotto” di nonni e zii! (Fonte FISM, e dati statistici del Ministero-Ufficio Scolastico regionale ). Gli alunni poi in età dell'obbligo scolastico (6-13 anni)che frequentano scuole paritarie in diocesi sono almeno 3.500 (equivalenti a quasi 3000 famiglie).
Il curricolo scolastico di queste scuole è evidentemente informato a coltivare in senso umanistico e cristiano la mente, il pensiero, gli interessi che evolvono e maturano di anno in anno, il cuore e gli spazi sempre più larghi della ragione, la quale vuol conoscere e sperimentare, impara a interrogarsi sulla verità, va educata al gusto del bello e a distinguere il bene dal male.
Queste scuole si possono dire “scuole della comunità”? La risposta non è scontata. La Conferenza episcopale del Triveneto ha bandito un concorso fra le scuole cattoliche, fino alle superiori, invitando a sviluppare questo tema.
Noi ci domandiamo: è vero – sì o no? – che le scuole cattoliche sono scuole della comunità? Noi diciamo di sì, in quanto è voluta dalle famiglie che la scelgono, è spesso sentita da loro come casa propria, chiede attenzioni e servizi all'insegna della gratuità e del volontariato. Ma è scuola della comunità anche in riferimento alla comunità cristiana che la senta sua e se ne faccia carico?
La risposta, salvo casi rari e che non si conoscono, è no. Perché per lo più le comunità cristiane (parrocchie o vicariato) non si riconoscono nella scuola cattolica, non ne conoscono o non ne condividono le ragioni, e ancor meno comprendono le fatiche di chi ne porta il peso, né sa dire le ragioni della scelta dei genitori, che appare ai più un capriccio.
La presidente regionale Fidae, Virginia Kaladich, dirigente scolastica di una scuola paritaria, invoca l'urgente “necessità di nuove alleanze tra chi si occupa di formazione scolastica e le altre agenzie educative…” e sottolinea “il bisogno di un rapporto più stretto tra scuole e parrocchie…”. (Difesa del popolo, domenica 29 novembre). Allora diciamo chiaramente che gridare al politico e sgridare le istituzioni è giustificato, ma non basta !
Perché non c'è dialogo e alleanza tra scuole paritarie e parrocchie/vicariati? A mio avviso ci sono alcuni muri nelle comunità cristiane che meriterebbe abbattere:
– anzitutto l'ignoranza (o la furbizia politica) di molti editori mass mediali, opinionisti e imbonitori per i quali scuola pubblica è tutta e soltanto la statale: per questi, ogni euro dato dallo Stato alla scuola paritaria (che è riconosciuta per legge del Parlamento “pubblica” a tutti gli effetti) è “rubato” alla scuola statale,
ma ancor più… una sorta di diffidenza e pregiudizio che oppone i genitori delle scuole cattoliche e “gli altri” arroccati su posizioni opposte, perché gli uni e gli altri si considerano nel giusto, anzi l'uno più nel giusto dell'altro, ciascuno con il suo inossidabile “credo”!
I genitori di SC sono consapevoli della coerenza della loro scelta, del diritto di libertà tutelato anche dalla Costituzione e soprattutto dei sacrifici che la scelta comporta, a costo di essere giudicati – pregiudizialmente – “ricchi”, o perfino da indagare fiscalmente. D'altra parte i genitori della statale si sentono paladini della laicità e della bontà educativa e formativa della scuola laica e “plurale” e si considerano, loro sì, “solidali” coi poveri. Così i primi “giudicano” negativamente i secondi, e i secondi giudicano la scelta dei genitori di SC un “capriccio” da pagarsi in proprio… Giudizi e pregiudizi che minano la serenità del riconoscersi e dividono la comunità cristiana quando ne voglia discorrere. Mentre a nessuno viene a mente di osservare che in un sistema a vasi comunicanti, qual è il sistema pubblico della istruzione e formazione, l'intero sistema buò beneficiare anche di una sola scuola che funzioni bene, con buoni o ottimi livelli di qualità e a minor costo per lo Stato, chiunque ne sia il gestore.
 
La strada per vincere la diffidenza è ardua e difficile, ma non deve essere ignorata. La scuola cattolica è anzitutto fucina educativa per i minori che la frequentano, ma è anche luogo di esercizio di solidarietà forti tra genitori e scuola, è soggetto capace di offrire supporti di solidarietà e testimonianza ai nuclei familiari fragili e a genitori in difficoltà, è (specialmente la scuola dell'infanzia) il primo luogo di accoglienza della comunità cristiana nei confronti dei bambini e ragazzi immigrati, primo passo verso quel bene che è l'integrazione sociale. Verso questi “nuovi poveri”, la scuola cattolica è il primo luogo in cui il Vangelo si lascia “vedere”: nella cura che la comunità cristiana presta incondizionatamente ai bambini e alle famiglie, senza chiedere loro di… convertirsi!
La scuola paritaria – in tutti i suoi gradi dall'infanzia alle superiori – non può più essere un problema solo del parroco o del gestore…! Per questo occorre lavorare dentro le comunità, bisogna che le idee e i valori possano trovar voce e trovare ascolto, dentro i consigli pastorali, le congreghe dei parroci e i coordinamenti vicariali, le assemblee parrocchiali.
Si potrebbe forse cominciare con il chiedere alla comunità cristiana di porre dei segni, per esempio:
– una borsa di studio a favore di un alunno di scuola paritaria, magari figlio di immigrati… anche se a costo di una adozione in meno nel lontano paese del terzo mondo…
– la cooptazione di un genitore di scuola cattolica nel Consiglio pastora­le parrocchiale o a livello vicariale;
– mercatini sponsorizzati dalla parrocchia e dal Consiglio Pastorale non solo per le missioni o la san Vincenzo, ma anche per la scuola dell'infanzia o altra scuola cattolica sul territorio…
Sono poche cose, che non risolvono i gravosi problemi finanziari di una scuola, ma lasciano il segno. Per una migliore consapevolezza che la scuola cattolica è scuola della comunità, sì: della comunità dei cristiani, che in essa vedono un luogo per la formazione ed educazione ai valori cristiani e universali destinata a lasciare nei ragazzi una traccia profonda e decisiva.